SOLIDARIETÀ: LA PAROLA NON BASTA

SOLIDARIETÀ: LA PAROLA NON BASTA

Ho cominciato presto a lavorare, nel 1960, a vent’anni, alla Sicedison di Portomarghera, ed ho conosciuto presto le lotte sindacali. In quel contesto, il concetto di solidarietà era ristretto all’ambito del lavoro, quasi solo al proprio posto di lavoro.

Più avanti, nel 1980, all’Enel, dove ricoprivo un incarico di qualche responsabilità, l’idea e la traduzione in realtà della solidarietà mi apparve chiara con la comparsa di Solidarnosc, il sindacato dei lavoratori di Danzica: solo l’unione delle forze, la solidarietà di tutti i lavoratori poté portare un buon risultato alla lotta per la difesa dei loro diritti.

In quei tempi, sempre all’Enel, era in corso la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, già, secondo me, buono. Io mi rendevo conto che il mio sindacato trattava con l’azienda da una posizione di forza, e, quando fu proclamato uno sciopero nazionale, in polemica con i colleghi, mi rifiutai di parteciparvi.

Accusato di non essere solidale, obiettai che la solidarietà serve per difendere un diritto, non per ottenere privilegi. E’ passato molto tempo da allora, e da quando ho conosciuto l’Avapo, ho scoperto un altro modo di leggere la parola “solidarietà”: da “quasi complicità” nella difesa di interessi comuni a “unità di intenti nell’aiuto ai più deboli”.

Da questa prospettiva, l’attività del volontario, orientata ad aiutare non solo l’ammalato, ma anche chi lo assiste, verifica che l’offerta comune delle proprie forze vale più della loro somma, ma le moltiplica.

Adesso, per me, le parole “solidarietà con chi ha bisogno”, laica, e “compassione” cristiana, sono equivalenti, e questo aspetto mi sembra racchiudere una prospettiva nuova, ricca di amore per l’umanità. Ora credo che in qualunque fede, cultura, tradizione, si manifesti la solidarietà come unione delle forze nell’aiuto a chi soffre, si manifesti pienamente l’amore del Signore

 
 

Luciano Osello

 Volontario AVAPO-Mestre

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