PEDALA E VAI in tandem da Venezia
In tandem da Venezia a Matera per trasformare un proprio handicap in opportunità Pedala e vai, un progetto per e con persone che hanno avuto meno fortuna in alcuni momenti della loro vita, per persone che hanno deciso di trasformare un proprio handicap in opportunità per rivisitare parti di sé che erano state accantonate perché troppo dolorose, per persone che pensavano di “ accompagnare” qualcuno verso qualche luogo e si sono ritrovate dolcemente “accompagnate” lungo un tratto della propria vita riscoprendo debolezze, forze, tratti di personalità che non pensavano di avere….in poche parole, Venezia-Matera un percorso attraverso strade di ricostruzione di un pezzo di mondo interno. Il progetto, partito da una esperienza compiuta da alcuni del gruppo, si è allargato a sei coppie di tandem, una persona in bicicletta singola e due persone alla guida di un furgone che ha vigilato lungo tutto il percorso rendendo soste e tappe situazioni piacevoli e non fonti di stress.
Pedala e vai è un progetto quinquennale che vede in Venezia-Matera l’obiettivo del primo anno; 1050 chilometri di esperienza pedalata, di emozioni continue, di rischio e attenzione, di conflitti affrontati e risolti, di continue situazioni in mutamento in maniera non sempre prevedibile. Venezia-Matera ha significato preparazione fisica, allenamenti, confronti, discussioni, chiarimenti che hanno preceduto la partenza: tutti pezzi di vita che ci hanno allenati alla quotidianità, alla possibilità di affrontare lo stress che ci accompagna senza mai raggiungere livelli troppo elevati da determinare una paralisi. La valutazione fisica pre e post esperienza, la valutazione di come si affronta lo stress pre e post esperienza ci daranno ulteriori informazioni di come abbia influito l’attività in fisico e mente.
Le tappe sono state 11 : Rovigo, Bologna, Cesenatico, Senigallia, Loreto, San Benedetto del Tronto, Tollo, Marina di Chieuti, Foggia, Corato, Matera. In ogni tappa cresceva la consapevolezza
dell’impresa che stavamo compiendo; le difficoltà fisiche o psicologiche di ciascuno che segnavano il motivo iniziale della costruzione del progetto, si affievolivano sempre più facendo emergere la parte sana, quella motivata alla vita, al piacere della vita; la differenza tra tutti i 15 componenti dell’esperienza diminuiva progressivamente mentre uscivano risorse, capacità, abilità di ciascuno, così come fragilità, paure e preoccupazioni che non sono più state del singolo, ma hanno trovato nel gruppo un contenitore molto più in grado di gestirle. Direi che , “tandem”, “gruppo”, “strada” sono state le parole chiave per valorizzare la parte sana di ogni partecipante.
Le emozioni hanno condito tutto l’insieme: paesaggi meravigliosi, accoglienza sincera e molto calorosa delle persone che abbiamo incontrato, rabbia in alcuni momenti, paura intensa in altri, affetto verso l’altro molto schietto e non condizionato da interessi altri se non lo stare bene assieme di quei giorni, tristezza, gioia intensa; le emozioni non sono solo quelle positive, le emozioni sono tutto ciò che proviamo, anche quelle negative.
La forza di questo gruppo è stata proprio quella di poterci concedere una libertà di sensazione e di comunicazione senza sentire mai il giudizio dell’altro.
L’immagine che rappresenta meglio il percorso interno di ogni partecipante è questa: ogni persona nella vita percorre la propria strada;
ogni difficoltà determina una buca che a volte è piccola, a volte è una vera e propria voragine che interrompe la comunicazione.
Ogni pedalata in allenamento e ogni pedalata nel percorso è stato come chiudere le buche, appianare la strada e permettere di ripercorrere quelle strade su asfalto liscio
e scorrevole e ogni tratto di strada esterna percorsa, corrispondeva ad un tratto di strada interna ricostruita.
Per concludere, credo che riabilitazione ed inclusione viaggino paralleli. I professionisti della riabilitazione devono sempre più uscire dalle 4 mura dell’istituzione e lavorare a fianco delle persone mettendo in gioco parti di sé, con una preparazione professionale nettamente superiore a quella necessaria al lavoro all’interno di un ambulatorio, ma deve sempre mirare a identificare e potenziare le parti sane di ogni persona. Il gruppo misto, fatto di persone con problematiche differenti, volontari, tecnici e professionisti delle relazioni d’aiuto, costituisce il setting migliore per creare spazi di motivazione e cambiamento.
L’ottica quindi è “pedala e vai” e non “vai….e pedala”: inclusione e partecipazione attiva e non allontanamento e abbandono.