INTERVISTA ALLA DOTT.SSA ELISA AQUINO
Elisa Aquino dal 2016 ricopre la carica di “Communications Manager di Global Campus of Human Rights. I suoi compiti sono coordinare e implementare le attività di comunicazione, PR, adversiting per aumentare la visibilità dell’organizzazione e relazionarsi con partners, influencer e sostenitori per promuovere l’istituzione a livello locale e internazionale. È avvocato ed ha conseguito un LLM in Diritto Internazionale presso la London School of Economics and Political Science.
Prima di “approdare” al Global Campus of Human Rights, lei svolgeva sempre un ruolo all’interno di un’organizzazione a scopo umanitario oppure la sua professionalità era rivolta in un altro settore?
Sono una donna che ha vissuto tante diverse esperienze lavorative prima del Global Campus of Human Rights. Ho iniziato come avvocato, professoressa di Diritto Costituzionale e sono stata anche diplomatica nella mia carriera, per dodici anni. Dal settore pubblico dopo sono passata al settore privato, lavorando come imprenditrice nel marketing e nell’organizzazione di eventi, e per una multinazionale per tanti anni. Diciamo che adesso, in questi ultimi dieci anni, lavoro nel settore non profit sia nell’area culturale che nell’area dell’educazione. Tutti questi ruoli mi hanno portato a vivere in diverse città, come BA, Asunción, New York, Londra e Bruxelles per approdare dopo a Venezia. Un altro aspetto, in parallelo a tutti i miei lavori, sono i miei interessi per la creatività artistica spirituale (canto mantras, uso strumenti musicali di guarigione, dipingo con la tecnica suminagashi e scrivo poesia/meditazioni sulla compassione e sviluppo dell’altruismo) e la gestione per alleviare la sofferenza e i dolori inevitabili della esperienza umana.
Quanti anni fa è arrivata in Italia e come mai ha scelto il nostro Paese?
Sono arrivata a vivere in Italia quindici anni fa. La mia famiglia materna ha origini italiane, emigrata in Sud America, e per questo motivo sono cresciuta con un nonno che mi ha insegnato ad amare la sua terra e ho doppia nazionalità. Sono una italo latinamericana che ha deciso di tornare alla radice familiare, imparare la lingua e le tradizioni ritornando alle origini e dopo ho anche incontrato e sperimentato l’amore vero nel nostro paese che è anche il paese dei miei antenati che sento sempre vicino nel mio cuore. Non è stato facile, ma non mi pento di questa decisione che mi ha spinto fuori dalla zona di comfort.
Il Global Campus of Human Rights ha sede al Monastero di San Nicolò al Lido di Venezia, di cosa si occupa principalmente e qual è lo scopo principale dell’attività?
Il Global Campus è un network di università che si prefigge di contribuire allo sviluppo dell’educazione sui diritti umani e sulla democrazia. I nostri 8 programmi di Master sui Diritti Umani e la Democratizzazione sono organizzati da centri universitari in otto regioni del mondo. La rete di cui si compone il Global Campus, in più di vent’anni di educazione d’eccellenza, è cresciuta da 40 a 100 prestigiose università. Oggi il nostro lavoro si estende in tutto il mondo, e offre opportunità di formazione a studenti talentuosi e dedicati alla promozione dei diritti umani. I nostri programmi fanno la differenza e hanno impatto internazionale sui diritti umani ai più alti livelli.
In aggiunta agli otto Programmi di Master Regionali il Global Campus of Human Rights (incluso il Master Europeo con sede a Venezia) sviluppa diverse altre attività di formazione, ricerca e promozione tra quelle certe iniziative che uniscono arte, sports e diritti umani che il nostro ufficio di comunicazione coordina. In tema di sport quest’anno, per la prima volta, anche noi avremo uno stand durante la prossima Maratona di Venezia e alcuni dei nostri studenti correranno i 10 km. Vi invitiamo a seguirci nei Social con l’hashtag #Sports4HumanRights e ovviamente, i nostri canali. Vi invito sempre a contattarci per avere maggiore informazioni e restare aggiornati sulle nostre iniziative.
La nostra associazione si occupa di volontariato rivolto alle persone che soffrono di malattie oncologiche, il Global Campus of Human Rights opera nel mondo dei diritti umani. Secondo lei la “solidarietà” in qualche modo unisce queste due realtà?
Al Global Campus prepariamo le persone a fare un lavoro al servizio dei valori come: Dignità, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, rispetto dei diritti umani. Sono questi i principi sui cui si fonda la visione del Global Campus of Human Rights. Questi studi permettono loro, dopo, di trovare lavori in diversi ambiti che promuovono direttamente o indirettamente la solidarietà. Le due realtà si collegano, perché entrambe lavorano in ambiti dove le sofferenze ci possono far diventare più umani ed essere più di aiuto agli altri. Alleviare il dolore unisce queste due realtà. Recentemente lei è stata colpita da un grave lutto ed è venuta a conoscenza della realtà AVAPO di Venezia. La nostra è quella di Mestre che sono staccate, ma operano con lo stesso intento. Che idea si è fatta di questa associazione?
La mia esperienza con Avapo Venezia è stata una rivelazione che mi ha permesso di trovare aiuto in momenti molto duri. Senza la dedica, la guida e le attenzioni dei volontari di Avapo a casa non sarei riuscita a prendermi cura da sola di un caro. Ho visto anche che si ha sempre più bisogno di volontari e personale valido e mi auguro che possiate ricevere tutto il sostegno per poter svolgere l’assistenza ai pazienti oncologici per vivere la malattia, la cura o il morire con dignità.
La sua passione per il cinema è nota e nell’ultima Mostra del Cinema in concorso c’era il film di Pedro Almodovar intitolato “The room next door”, basato sull’eutanasia. Qual è la sua idea su questo argomento e sulle cure palliative?
La mia idea è che le cure palliative donano sollievo e dignità ai malati e devono essere sostenute e rinforzate. Riguardano non solo il corpo ma anche la mente e lo spirito. Una grande palliativista sudamericana ha scritto che possiamo tutti imparare a vivere meglio quando siamo vicini curando quelli che sono in fase terminale. Le cure palliative aiutano il malato, ma anche i familiari e quelli che sono al loro servizio mettendo in discussione la preparazione dell’unica certezza che abbiamo: la morte. Ho visto il film “The Room Next Door” che presenta molto bene le opzioni che un essere umano può prendere di fronte alla tragedia e a cure che hanno conseguenze pesanti sul corpo, che non tutti sono in grado di sostenere. Diciamo che dipendiamo da Dio peró anche Dio dipende delle manifestazioni delle nostre azioni di compassione e solidarietà, con noi stessi e con gli altri. Se non credete in Dio pensate che siamo in interdipendenza sempre con gli altri, inevitabilmente. Questo film racconta anche quanto sono importanti la fratellanza e l’amicizia per accompagnare un ammalato che ha bisogno di amare ed essere amato, amore che dà senso all’esistenza e al suo fine.
Quando io ho accompagnato i malati della mia famiglia e gli amici in difficoltà, ho capito una frase sentita durante un mio corso sulla compassione: “L’unico vaso abbastanza grande da contenere luce e amore infinito è un cuore spezzato che si espande”.
Come vede il clima di violenza che si è generato negli ultimi tempi a Venezia e soprattutto in terraferma. A cosa è dovuto secondo lei?
Il clima di violenza è dato dall’ignoranza, mancanza d’integrazione, e povertà che non aiuta alla convivenza pacifica. Siamo tutti con un gran bisogno di educazione, di senso di comunità e di miglioramento economico. E per questo ci serve lo Stato presente e il nostro contributo individuale con esempio e dialogo. Certe persone si sentono come morti in vita senza speranze, perse. Hanno bisogno di opportunità e speranze. Un’ultima domanda: Operando da anni nella comunicazione per i diritti umani, quale messaggio, quale pensiero vorrebbe rivolgere ai “potenti” che pare non capiscano quale sia l’importanza della parole “pace e fratellanza”?
A quelli che chiamano potenti, ricordare che loro sono al servizio di tutti noi perché in generale sono eletti da noi con mandati chiari di pace e fratellanza che possa portarci alla prosperità con benessere comune. Nella guerra e separazione sappiamo che ci sono,solo, sofferenze e perdite di tutto. Loro sono servitori, non sono separati dalla comunità in quanto “potenti”. La prova è che anche loro sono colpiti dalle conseguenze, perché condividiamo lo stesso pianeta, e la sua realtà di interdipendenza come ha dimostrato anche la pandemia e il cambio climatico. Dovrebbero avere una condotta coerente con le loro “prediche”, come esempio di vita. E forse si potrebbe pensare a cambiare il sistema di poteri, basati sull’ego, verso l’empatia e la comunità.
Valter Esposito
Direttore responsabile di “Per Mano”